“Diaz” di Daniele Vicari

Per quanto mi sforzi non riesco a credere che non sia andata veramente così. Che nell’Italia del 2001 il buon senso, la civiltà, la democrazia, la giustizia abbiano subito un cortocircuito di questo genere. Eppure lo raccontano gli atti, i filmati, le centinaia di testimonianze. Ero scettico circa la realizzazione di un film che riaprisse certe ferite. Ora non lo sono più, onore al produttore Domenico Procacci e al regista Daniele Vicari e quanti hanno prestato la loro faccia per riproporre quella che è stata definita “una macelleria messicana”. O cilena, o argentina, o greca, o….di qualsiasi altro paese dove i diritti democratici siano stati anche solo provvisoriamente sospesi.

“Diaz – Don’t clean up this blood” è un pugno allo stomaco dello spettatore. Il film ricorda velocemente cosa è stato il G8 di Genova, con le devastazioni dei ‘black block’, poi passa a narrare le vicende di alcuni partecipanti al Genoa Social Forum. Alma (Jennifer Ulrich) un’anarchica tedesca; Marco (Davide Iacopini) un organizzatore del Genoa Social Forum; Franci, una giovane avvocato; Nick (Fabrizio Rongione), un manager che si interessa di economia solidale, arrivato a Genova per seguire un seminario. Ma ci sono anche Luca (Elio Germano), un giornalista della Gazzetta di Bologna, partito in fretta e furia per Genova
per vedere di persona cosa sta succedendo, e Anselmo (il bravo Renato Scarpa), un vecchio militante della CGIL che con i suoi compagni pensionati ha preso parte ai cortei contro il G8. E tanti altri, i cui destini si incrociano nel complesso scolastico Diaz, adibito a dormitorio, dove si scatena la violenza della polizia. Il volto più umano, o meno bestiale, della polizia è affidato a Max (Claudio Santamaria), vicequestore aggiunto del primo reparto mobile di Roma, che comanda il VII nucleo e non vede l’ora di tornare a casa da sua moglie e sua figlia. Quando Max si accorge del guaio combinato e dà ordine ai suoi di fermarsi, è troppo tardi. La violenza inaudita su tante persone inermi ha lasciato troppi segni. Violenze, soprusi, umiliazioni gratuite che continuano anche nella caserma di Bolzaneto. Il giorno successivo alcuni ragazzi scampati al pestaggio fanno ritorno nella scuola devastata. Qualcuno lascia scritto: “Non lavate questo sangue!”.
Daniele Vicari affida simbolicamente al lancio di una bottiglietta contro un suv della polizia il pretesto per l’intervento dentro la scuola. La sequenza al rallentatore del vetro che non colpisce il mezzo e si schianta sull’asfalto – una sorta di memento – è ripetuta più volte.
Fiction? Pochissima, solo il necessario. “Diaz” è cinema di denuncia, degno della miglior tradizione italiana. Non è un film contro la polizia – su questo punto qualcuno avrà forse da obiettare – ma su un momento di follia nazionale i cui risvolti politici non vengono sfiorati tanto meno approfonditi. Berlusconi era premier. Il vice presidente del Consiglio Fini era nella sala operativa della Questura genovese e il suo ruolo non è mai stato chiarito a sufficienza. Ministro dell’Interno era Scajola: che sia accaduto tutto a sua insaputa?
Da vedere. Cercando di non distogliere lo sguardo quando il famigerato ‘tonfa’ si abbatte sui crani indifesi.

 APR news To
di Riccardo Caldara


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