Dalla stazione di Belgrado gli autobus che partono verso il confine con l’Ungheria, normalmente sette al giorno, sono stati potenziati. Il viaggio verso una delle la città situate a pochi chilometri dalla frontiera dura quattro ore e mezza. L’autobus si ferma una sola volta per una tappa brevissima, in modo che chi può permetterselo, compri da mangiare e da bere. I passeggeri sono ragazzi afgani e pakistani, e famiglie siriane. Ci sono anche famiglie palestinesi, già in passato rifugiate in Siria e ora in fuga per la seconda volta. Anche chi non ha nulla è disposto a offrire l’ultima gomma da masticare al giornalista che ha seduto vicino. La stanchezza è grande per chi percorre solo questa piccola tratta di poche ore, immensa per chi ha alle spalle settimane di cammino, notti passate all’aperto mentre la temperatura diminuisce, e maltrattamenti subiti ad opera della polizia al macedone, come riportano molte testimonianze. All’arrivo il pullman si ferma in un campo improvvisato non lontano dalla città, da dove si parte con altri mezzi verso la località che dista un paio di chilometri dal confine ungherese.
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