Global Witness, l’ONG che cerca di rendere visibili le connessioni tra estrazione delle materie prime e violazioni dei diritti umani, ha annunciato che abbandonerà il “Processo di Kimberly”, una certificazione internazionale nata con l’intento di vietare la circolazione dei “diamanti insanguinati”. Il motivo è l’inefficacia. La ritirata da parte di una delle associazioni che ha lavorato proprio per la creazione del “kimberly Process” suona come l’ammissione di un fallimento. Charmian Gooch, direttore di Global Witness, ha dichiarato: “A quasi nove anni dalla creazione del Kimberly Process la triste verità è che la maggior parte dei consumatori non può essere certa sulla provenienza dei diamanti che acquista, né può sapere se sta finanziando violenze armate o regimi corrotti”. Nonostante l’Italia faccia parte di quelle nazioni che hanno adottato il “Kimberly Process” (2003) molti dei diamanti venduti nelle gioiellerie del nostro “belpaese” possono aver contribuito a finanziare le bande armate di ribelli congolesi o dei paesi confinanti, che occupano illegalmente le miniere e il territorio della R.D. del Congo. Questo avviene perchè anche nelle partite di diamanti controllate da “Kimberly” è molto facile inserire, spesso con la complicità di chi dovrebbe controllare, pietre provenienti da altre miniere ed estratte illegalmente.
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