Dall’inizio del 2009 sono più di 70 i tibetani, soprattutto monaci, che per disperazione si sono dati fuoco. Protestano contro le misure repressive del governo cinese. Il tallone di ferro di Pechino continua essere la causa di questi suicidi che di fatto rappresentano l’unica forma di dissenso rimasta.
Su 70 tibetani 54 di loro sono morti tra atroci dolori a causa delle lesioni riportate, immolandosi così sull’altare della libertà. L’ultimo episodio del genere, a riprova di un clima pesante che non accenna ad allentarsi, risale ad alcuni giorni fa quando si è diffusa la notizia che altri sei giovani tibetani, tra cui una ragazza, si sono cosparsi di kerosene, scegliendo la via del martirio. Si tratta di una protesta silenziosa e agghiacciante che il Dalai Lama, la guida spirituale in esilio del popolo tibetano, non riesce a fermare. Per questo ha chiesto alla «comunità internazionale di fare luce sull’origine di questi suicidi». Serve una inchiesta a largo raggio.
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