Barack Obama, messo in croce anche dal New York Times (“ha perso ogni credibilita’”) per lo scandalo del sistema pervasivo di intercettazioni negli Usa, si e’ difeso, sostenendo che il Congresso era a conoscenza del programma di ascolto e assicurando che le chiamate dei cittadini americani non vengono ascoltate. “Nessuno sta ascoltando le vostre telefonate”, ha dichiarato l’inquilino della Casa Bianca, garantendo che i dati sono conservati al sicuro da ogni intrusione esterna. Il presidente ha precisato che le Camere sono state costantemente informate e che il sistema di tracciamento delle email e dell’attivita’ sul web non si applica ai cittadini statunitensi o alle persone che vivono negli Usa. Obama ha quindi ribadito il concetto anticipato ieri dalla Casa Bianca; e cioe’ che va stabilito, anche in un pubblico dibattito, un bilanciamento tra la necessita’ di garantire la sicurezza dei cittadini e la loro privacy. L’intelligence “controlla i numeri di telefono e la durata delle chiamate. Non cercano i nomi delle persone e neanche il contenuto”, ha spiegato il presidente. Quindi ha ripetuto che attraverso la raccolta di questi che “metadata” (dati ‘esterni’ sulle comunicazioni e non sul loro contenuto) si possono scongiurare attentati terroristici. “Non potete avere il 100% di sicurezza e quindi il 100% di privacy e nessun problema”, ha proseguito, rassicurando di nuovo gli americani sul fatto che, “nessuno sta ascoltando le vostre telefonate. Questo non e’ l’obiettivo di questo programma”. Il Washington Post ieri ha scritto che le autorità federali sarebbero entrate nei server di società tra cui Google, Apple e Facebook per avere accesso a e-mail, foto e altri dati, consentendo agli analisti di tracciare movimenti e contatti di una persona. La notizia ha alimentato i timori sulla privacy suscitati dalla pubblicazione da parte del britannico Guardian, nei giorni scorsi, di un’ordinanza segreta di un tribunale Usa che impone a Verizon Communication la registrazione dei suoi clienti. Le più grandi società hi-tech come Apple, Google e Facebook hanno negato di avere fornito ad agenzie governative accesso diretto ai propri server, smentendo l’articolo del Post.
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f agi /reuters
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