L’Isis scatena la “guerra dell’acqua”: e’ allarme umanitario nella provincia di Anbar, nell’ovest dell’Iraq, dopo che i miliziani jihadisti hanno chiuso le condotte della grande diga di Ramadi, citta’ caduta nelle loro mani il 17 maggio, facendo abbassare il livello del fiume Eufrate.
È stata tagliata la fornitura idrica, che rischia di causare una tragedia umanitaria, nella zona dei villaggi di al Habbaniyah e al Khalidiya, centri minori sulla strada per Baghdad.
L’Eufrate rappresenta – al momento – una sorta di confine naturale tra i territori occupati dai jihadisti, che controllano il bacino nord, e quelli ancora nelle mani del governo, le cui forze tentano di recuperare posizioni dal bacino meridionale.
Un portavoce del governatore di Anbar ha confermato che, dopo la chiusura della diga, l’esercito e’ stato costretto a riposizionarsi. “Prima dovevano monitorare solo i ponti e alcune aree, ora tutto il letto del fiume e’ attraversabile”, ha spiegato Hikmat Suleiman.
“Il Daesh (lo Stato Islamico, ndr) sta conducendo una sporca guerra dell’acqua”, ha commentato Sabah Karhout, capo del consiglio provinciale di Anbar. “Tagliare l’acqua e’ il peggior crimine possibile”.
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