Il 29 giugno 2014 l’autoproclamato Stato Islamico annunciava la nascita del califfato nei territori occupati in Iraq e in Siria, rendendolo un’attrazione senza precedenti per i combattenti stranieri e i loro sostenitori.
Decine di migliaia di persone in tutto il mondo hanno cercato di raggiungere il territorio del Califfato e far parte di un fenomeno unico nel suo marchio e nella brutalità.
Nel corso degli ultimi due anni l’Occidente si è concentrato su questo fenomeno: la minaccia è persistente e crescente, lo dimostrano gli attacchi di Istanbul, Parigi, Tunisi, Bruxelles, San Bernardino e Orlando, alterando le politiche, le leggi e le tattiche attuate fino ad ora.
Purtroppo questo fenomeno continua a ispirare le persone in tutto il mondo, che agiscono in loro nome e che spesso sono completamente distaccate fisicamente dal gruppo.
La minaccia per l’Occidente è altissima e crescente, soprattutto adesso che il gruppo sta subendo progressive e continue perdite.
Milioni di siriani e iracheni erano e sono tuttora costretti a vivere – già da due anni – sotto le atrocità dell’autoproclamato Stato Islamico; la vita a Raqqa, Mosul, Falluja e in molte altre città rimane terribile.
Le fortune del gruppo stanno diminuendo e da oltre un anno non hanno ottenuto vittorie nette, hanno inoltre subito perdite massicce in Iraq e in Siria, e questo dimostra che lo Stato Islamico non è mai stato forte come sosteneva di essere.
La caduta della città di Falluja lo dimostra, e anche Mosul e Raqqa cadranno prima di quanto previsto.
Tuttavia bisogna rimanere cauti perché il gruppo non possa riemergere in qualche forma nel futuro, inoltre non è detto che non riusciranno a sopravvivere anche per il terzo anno.
L’entità del problema in Iraq e in Siria è al di là del confronto e delle attuali capacità degli attori locali, regionali e internazionali.
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