
33 milioni di tonnellate di CO₂: è questa la stima delle emissioni generate nei primi 60 giorni del conflitto in Ucraina, secondo il Conflict and Environment Observatory (CEOBS). Una media di oltre 550.000 tonnellate di CO₂ al giorno.
Per mettere le cose in prospettiva, si tratta di emissioni equivalenti a:
– quelle prodotte da 100.000 persone in un anno
– 550.000 voli intercontinentali andata e ritorno
– 55 finali di Champions League
– 1.000 mega concerti in stadio
– 100 milioni di auto che percorrono 40 km nello stesso giorno
– 70 centrali a carbone da 1 GW accese per 24 ore
Un solo giorno di guerra può produrre un’impronta climatica pari a quella di un’intera città europea in un anno. Il danno ambientale di una guerra non si misura solo in tonnellate di CO₂. I conflitti armati lasciano dietro di sé una lunga scia di inquinamento che non si vede ma uccide lo stesso, spesso trascurato e difficile da sanare.
1. Acque contaminate – Esplosivi, carburanti, metalli pesanti, liquami industriali e rifiuti tossici si riversano in fiumi, laghi e falde acquifere. In Iraq, secondo l’UNEP, la guerra ha portato al collasso del sistema idrico in diverse regioni, rendendo l’acqua non potabile per milioni di persone.
2. Ecosistemi distrutti – Le guerre causano incendi boschivi, deforestazione tattica, estinzioni locali. Le mine e i bombardamenti rendono inutilizzabili per decenni intere aree agricole.
3. Residui tossici e munizioni – L’uso di uranio impoverito, bombe a grappolo e ordigni inesplosi può causare contaminazioni radioattive e mutazioni genetiche. In Vietnam, l’utilizzo dell’“Agente Arancio” da parte degli Stati Uniti ha lasciato un’eredità tossica che perdura ancora oggi.
4. Macerie inquinate – Le città distrutte generano milioni di tonnellate di detriti contenenti amianto, microplastiche, metalli pesanti e vernici tossiche. Questi materiali rilasciano polveri sottili e contaminano il suolo anche durante le fasi di ricostruzione.
5. Tecnologia e guerra digitale – Droni, guerra informatica, sistemi radar e comunicazioni militari richiedono un consumo elevato di energia e l’estrazione di terre rare in modo altamente impattante.
6. Impatto sanitario – Dopo ogni conflitto si registra un aumento di tumori, malattie respiratorie e malformazioni congenite, spesso legate all’inquinamento da residui bellici. I dati dell’OMS, dopo la Guerra del Golfo, evidenziano un incremento significativo di leucemie infantili nelle aree colpite da bombardamenti con munizioni chimiche o radioattive.
Il clima non ha confini. Ma nemmeno l’inquinamento della guerra”, sottolinea Doug Weir, direttore di CEOBS.
I gas serra prodotti durante un conflitto non restano confinati alla zona di guerra. Viaggiano con i venti, entrano nell’atmosfera globale, alterano gli equilibri climatici. L’inquinamento delle falde può raggiungere aree lontane, e le polveri sottili oltrepassano facilmente ogni confine. La pace è una scelta ecologica in un mondo che lotta contro la crisi climatica, la guerra rappresenta un acceleratore del disastro. Secondo il rapporto IPCC 2023, i conflitti costituiscono una delle principali barriere alla mitigazione e all’adattamento climatico, soprattutto nei paesi più vulnerabili. Ogni giorno senza guerra è un giorno in cui il pianeta può respirare. E forse, sopravvivere.
Fonti:
– CEOBS – Conflict and Environment Observatory UNEP – Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente IPCC – Intergovernmental Panel on Climate Change OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità Science Advances, Global Carbon Project, UEFA, A Greener Festival
Apr News
Andreja Restek
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