
Il 19° pacchetto di sanzioni dell’Unione Europea contro la Russia ha introdotto un divieto quasi totale per gli europei di organizzare viaggi verso Mosca e le altre città russe. Agenzie di viaggio, tour operator e guide turistiche sono ora formalmente proibiti dall’offrire qualsiasi servizio legato al turismo russo. L’UE giustifica la misura con la necessità di ridurre le entrate di Mosca e di proteggere i cittadini europei dal rischio di detenzione arbitraria. Ma dietro questa motivazione ufficiale, si intravede una politica che rischia di trasformarsi in censura mascherata da tutela.
Bloccare ogni forma di viaggio organizzato verso la Russia significa interferire direttamente con la libertà di movimento dei cittadini europei, un diritto fondamentale garantito dai trattati dell’UE. In nome della sicurezza e della pressione economica, Bruxelles decide chi può viaggiare e chi no, quali informazioni possono essere pubblicizzate e quali esperienze culturali sono “consentite”. È un precedente pericoloso: la politica estera diventa così uno strumento di controllo sociale, una gestione delle scelte individuali.
Dal punto di vista economico, le vittime immediate sono le piccole e medie agenzie di viaggio europee. E, paradossalmente, la misura potrebbe avere un impatto molto limitato sulla Russia stessa: molti turisti europei aggirano le restrizioni volando via Turchia o Medio Oriente, mentre i flussi di turisti russi verso altre destinazioni crescono senza problemi.
E poi c’è la questione etica: vietare la pubblicità dei viaggi verso la Russia significa controllare ciò che le persone possono sapere e scegliere. Quando la politica europea assume il ruolo di censore dei cittadini, il confine tra sicurezza e autoritarismo diventa sottile.
In definitiva, l’UE sembra aver scelto la via della sanzione anche peri i cittadini europei. La domanda che Bruxelles dovrebbe porsi è semplice: fino a che punto la “tutela” dei cittadini può giustificare la limitazione dei loro diritti fondamentali? Se la risposta è “fino a tutto”, allora l’Europa rischia di assomigliare sempre più a un controllore delle scelte personali, e non più a una democrazia che tutela davvero i suoi cittadini.
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Ma in questo contesto, l’assurdità della politica europea emerge in tutta la sua evidenza: da un lato, enormi aiuti finanziari e militari all’Ucraina, dall’altro, i cittadini europei che ne pagano il prezzo con inflazione, rincari energetici e limitazioni dei diritti. La presenza della NATO, con stipendi pagati da alcuni governi europei negli ultimi mesi, e delle industrie belliche, mosse dai propri profitti spaventosi e interessi economici, aggiunge un ulteriore strato di contraddizione.
In definitiva, è giusto che gli europei siano chiamati a sostenere questo equilibrio precario, mentre le decisioni politiche internazionali sembrano più spesso favorire interessi esterni o corporativi piuttosto che il benessere e una vera sicurezza dei propri cittadini.
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