Centinaia di donne di minoranza yazidi sono prigioniere in Iraq dai jihadisti dell’Isis: la paura più grande è che possano essere vendute come schiave o, secondo quanto denunciato dal portavoce del Ministero per i Diritti umani, Kamil Amin, utilizzate come oggetti sessuali “in modi umilianti da quei terroristi per soddisfare i loro istinti animali in un modo che contraddice tutti i valori islamici e umani”.
Secondo un altro portavoce del governo iracheno, le donne, tutte sotto i 35 anni, sono tenute prigioniere in alcune scuole a Mosul. Un funzionario Usa ha comunque confermato che l’Isis ha rapito donne della minoranza Yazidi per poterle vendere o costringerle a sposarsi con i jihadisti, ma non è stato in grado di fornire il numero preciso.
Intanto le case di Mosul, da cui stanno fuggendo i cristiani iracheni, sono state marchiate con la vernice nera. Un marchio imposto dalle milizie dell’autoproclamatosi califfo al-Baghdadi agli infedeli per i quali non c’è posto nello Stato islamico dell’Iraq e del Levante a meno che si convertano, paghino una speciale tassazione, subiscano la devastazione dei loro antichi luoghi di culto e la confisca dei beni. È stata una giornalista irachena di fede musulmana, Dalia al-Aqidi, a denunciare per prima l’abominio di Mosul dando vita a una campagna di solidarietà, “Siamo tutti Nun”.
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