Siria: invio delle truppe di terra

PH © Andreja restek / APR NEWSAleppo, Syria

PH © Andreja Restek / APR NEWS 

Il 4 febbraio 2016 il portavoce militare saudita ha annunciato che l’Arabia Saudita è disposta, se sarà richiesto da parte della coalizione anti Isis, a inviare forze di terra per la campagna contro l’autoproclamato Stato islamico in Siria.

L‘Arabia Saudita, ha spiegato, è consapevole del fatto che lo Stato Islamico non p essere sconfitto solamente dall’aria. Anche gli Emirati Arabi Uniti hanno offerto di inviare truppe di terra come parte di forze guidate dagli Usa contro lo Stato Islamico, ripetendo un’offerta che avevano già fatto lo scorso anno e sottolineando che il numero di soldati sarebbe piccolo e il loro ruolo limitato.

Il segretario americano della Difesa Carter sarà a Bruxelles questa settimana per discutere con tutti i membri della coalizione come intensificare la lotta.

I Paesi discuteranno dell’invio di truppe in Siria, comprese quelle già sul posto, come il contingente di formazione che si trova già in Iraq e in Turchia.

La settimana scorsa il presidente turco Erdogan ha affermato di aver commesso un errore nel 2003 e che non contribuirà più attivamente allinvasione americana dell’Iraq. Ha inoltre dichiarato che la Turchia deve svolgere un ruolo più dominante nella questione legata al confitto in Siria.

Erdogan è sicuramente più preoccupato di assicurare un ruolo importante della Turchia nella politica internazionale che di sconfiggere lo Stato islamico, ma con l’attuale forte disaccordo tra Turchia e Stati Uniti sul ruolo che i curdi potrebbero avere nella lotta contro l’Isis, è difficile vedere come i due paesi potrebbero unire le forze.

Gli obiettivi divergenti tra paesi che hanno più probabilità di contribuire come forza di terra della coalizione continuano a tormentare l’alleanza.

Se per la Turchia il conflitto è rivolto in prevalenza contro Assad e i curdi, per l’Arabia Saudita è relazionato al loro rapporto con l’Iran, e per gli Emirati Arabi Uniti alle relazioni con l’Arabia Saudita e gli Stati Uniti.

Questi interessi di competizione o sovrapposizione metteranno alla prova la coalizione, soprattutto ora che le forze ribelli sostenute dagli Stati membri hanno subito gravi battute d’arresto ad Aleppo e nel sud della Siria.

Gli Stati Uniti sono concentrati principalmente sullo Stato islamico e in secondo luogo sul tentativo di ripristinare una stabilità regionale.

Ci sono già delle forze speciali che combattono in Iraq, come quelle del Regno Unito, il cui interesse principale è mostrare agli alleati e ai nemici l’impegno sul terreno.

Il mondo intero combatte lo Stato Islamico, ma due paesi che hanno truppe in Iraq e in Siria, l’Iran e la Russia, vedono le cose in modo diverso rispetto alla coalizione.

Anche se le forze iraniane hanno contribuito a spingere lo Stato Islamico fuori dal territorio dell’Iraq, hanno combattuto anche contro altri gruppi ribelli in Siria, fatto questo che ha infastidito non poco i paesi della coalizione.

L‘Iraq, pur avendo accolto i contingenti degli Stati Uniti e del Regno Unito, non accoglierà le truppe saudite o forze turche aggiuntive.

La Siria, allo stesso modo, non accetterà le truppe della coalizione a meno che non attacchino obiettivi scelti dal governo siriano.

Questo esclude qualsiasi intervento di terra, a meno di un mandato del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, se raggiungeranno un accordo nel prossimo futuro.

Se le forze della coalizione entrassero in Siria, incontrerebbero le milizie appoggiate dall’Iran, o addirittura truppe iraniane, aumentando il rischio di un conflitto regionale.

Il governo siriano crederebbe che l’obiettivo sia quello di costringere ad un cambio di regime, e non solo la guerra contro lo Stato Islamico, e anche se tutte le truppe dal Golfo intervenissero nel paese, tornerebbero a casa sconfitte.

Gli iraniani hanno anche deriso l’idea di un intervento saudita, senza considerare che l’offerta per la lotta contro lo Stato islamico potrebbe fornire una possibile area di cooperazione.

Nel frattempo, migliaia di profughi sono fuggiti verso la Turchia e la Giordania.

La Turchia realizza i campi profughi sul lato siriano del confine, un nuovo tentativo di stabilire una zona di sicurezza che aveva richiesto in precedenza, durante la guerra.

Ma questi sforzi potrebbero diventare vani abbastanza rapidamente se l’esercito siriano continuerà la sua avanzata verso nord, spingendo una popolazione intera davanti a sé.

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Categorie:Cronaca, Esteri, Personaggi, Politica

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