
La Commissione Europea ha presentato la sua “Defence Readiness Roadmap 2035”, un piano che prevede investimenti record nella difesa: 6.800 miliardi di euro in dieci anni. Un numero che fa tremare non solo per la sua grandezza, ma per ciò che rappresenta: la trasformazione dell’Unione Europea da progetto di pace a macchina bellica.
Si parla di sicurezza, di autonomia strategica, di “proteggerci da soli”. Ma a ben vedere, questo piano rischia di spostare l’identità stessa dell’Europa. Nel momento in cui le disuguaglianze sociali crescono, la sanità pubblica vacilla e la transizione ecologica arranca, destinare risorse titaniche al riarmo appare una scelta miope e pericolosa e folle.
Il messaggio politico è chiaro: si desidera una Europa bellica. Eppure, nessuna spesa militare può garantire la pace se a mancare sono la diplomazia, la cooperazione, l’onestà e il coraggio politico di costruire sicurezza attraverso il dialogo, non attraverso le armi.
Dietro le cifre colossali si nasconde anche un’altra verità: gran parte di quei fondi non arriveranno da Bruxelles, ma dai bilanci nazionali, già schiacciati da debiti e austerità. Il rischio è di sacrificare scuola, sanità e welfare sull’altare dell’industria bellica, che si prepara a vivere la sua nuova età dell’oro.
L’Europa della pace — quella dei Trattati, del premio Nobel del 2012, della diplomazia — sembra oggi un ricordo lontano. Con 6.800 miliardi di euro, il continente che doveva unire popoli e culture rischia di unire solo fabbriche di missili e bilanci militari.
Un’Europa che arma se stessa rischia di disarmare il proprio futuro e di distruggere la propria l’identità .
Apr news
Andreja Restek
ps
per non dimenticare
2012 Premio Nobel per la Pace 2012 assegnato all’Unione Europea
Il Comitato Nobel norvegese motivò la scelta con queste parole:
«Per oltre sei decenni, l’Unione Europea e i suoi predecessori hanno contribuito al progresso della pace e della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani in Europa.»
Chissà cosa penserebbe oggi Alfred Nobel. Forse, guardando quest’Europa, verserebbe lacrime amare.
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