
L’indagine coordinata da Eurojust sulla NATO Support and Procurement Agency (NSPA) sta rivelando crepe profonde nel sistema di appalti dell’Alleanza Atlantica.
Dietro la retorica della “cooperazione giudiziaria europea” e della “tolleranza zero alla corruzione”, emergono interrogativi su quanto trasparenti siano davvero le procedure d’acquisto che muovono miliardi di euro di fondi pubblici e militari.
La NSPA l’agenzia di appalti e logistica dell’NATO, con sede in Lussemburgo, non è un semplice ufficio amministrativo: gestisce la catena di approvvigionamento dell’intera NATO, dagli armamenti alle forniture di carburante, dai sistemi di comunicazione ai droni. È il punto in cui si incrociano politica, economia e difesa.
Ed è proprio qui che, secondo le procure di Belgio, Lussemburgo e Spagna, alcuni funzionari ed ex consulenti avrebbero truccato gare d’appalto favorendo aziende compiacenti in cambio di denaro o incarichi futuri.
Le accuse non sono isolate: si parla di informazioni riservate vendute, fondi transitati in paradisi fiscali e società di consulenza fittizie create per mascherare i flussi.
Eurojust ha coordinato l’operazione, descritta come una “azione congiunta esemplare”, ma i risultati finora sono frammentari. Nessun nome di impresa è stato ancora reso pubblico, e molti dettagli rimangono coperti da segreto istruttorio.
La NATO, in una nota diffusa a Bruxelles, ha dichiarato “piena collaborazione” con le autorità e “tolleranza zero per ogni forma di frode”.
Ma gli osservatori notano un paradosso: la NSPA non è soggetta al controllo diretto dei parlamenti nazionali, né esiste un meccanismo indipendente di vigilanza esterna sulle sue gare.
In altre parole, l’agenzia che gestisce alcuni dei più grandi appalti militari europei risponde principalmente… a sé stessa.
“È una zona grigia istituzionale,” spiega un esperto di appalti della difesa europea. “Le regole di trasparenza pubblica applicate alle agenzie UE non valgono in pieno per la NATO. Questo crea vulnerabilità strutturali che un semplice scandalo giudiziario non può risolvere.”
Al di là dei reati individuali, la vicenda NSPA riflette una crisi di responsabilità più ampia: un settore opaco, dove la logica della sicurezza nazionale giustifica l’assenza di scrutinio democratico.
Gli investigatori parlano di “rete transnazionale di favoritismi”, ma nessuna autorità ha ancora spiegato come sia stato possibile che un gruppo ristretto di funzionari manipolasse appalti di tale portata per anni.
Anche il ruolo di Eurojust, pur fondamentale nel coordinamento legale, solleva domande: l’agenzia europea può indagare solo quando gli Stati membri lo consentono, e non ha potere diretto su enti militari internazionali.
Il rischio, denunciano alcune ONG anticorruzione, è che l’operazione resti un caso simbolico — utile per la comunicazione politica, ma incapace di cambiare il sistema.
Nel momento in cui l’Europa aumenta la spesa militare e l’industria della difesa vive una nuova stagione di espansione, uno scandalo come quello della NSPA mina la fiducia dei contribuenti e dei governi nei meccanismi di approvvigionamento comune.
Ogni euro sottratto alla trasparenza è un colpo alla credibilità di Bruxelles e dell’Alleanza Atlantica.
Il rischio, osservano gli analisti, è che questa inchiesta si chiuda come tante altre: pochi colpevoli, nessuna riforma strutturale, e un velo di silenzio calato sul resto.
Eppure, se l’Europa vuole una difesa comune credibile, dovrà cominciare proprio da qui: dalla pulizia dentro casa propria.
Fonti:
Eurojust (comunicato del 15 maggio 2025); ; rapporti Europarl e ONG anticorruzione europee.
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Andreja Restek
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