Mentre ero in Syria ad Aleppo ho ricevuto una notizia che mi ha lasciato incredula e un po’ perplessa: mi è stato rivelato dove sarà la prossima guerra.
Una sera, parlando con John – almeno, così lo chiamerò -, lui mi ha chiesto se sarei di nuovo tornata in Syria, e io ho risposto che forse ci saremmo rivisti lì dopo qualche mese. “Se invece aspettiamo la prossima guerra non ci vedremo per molto tempo”, ho aggiunto. Lui però mi ha guardata e mi ha detto che non avremmo dovuto attendere davvero a lungo: un paio di mesi e avremmo potuto rincontrarci in Mali.
Ma in Mali non c’è la guerra. “Non ancora”, ha detto però John.
In qualche modo, ho capito che non stava mentendo o esagerando sulle informazioni di cui era in possesso. Su quell’uomo quella sera ho imparato che sapeva tutto, e se voleva qualche informazione la condivideva anche con te.
Tornata a casa ho appreso degli incontri tra gli Stati Uniti e la Francia, durante i quali il Segretario alla Difesa Usa Leon Panetta ha inequivocabilmente affermato: “Il prossimo luogo in cui si combatterà contro il terrorismo ed al-Qaeda è il Mali, in Africa occidentale”.
I comandanti militari di Francia e Stati Uniti hanno infatti tenuto nei giorni scorsi negoziati segreti a Parigi per discutere del piano di spostamento dei droni di sorveglianza francesi dall’Afghanistan al Mali.
Allora John aveva ragione, John sapeva.
APR NEWS
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Era inevitabile. In Mali è capitato un incidentino di percorso: il nord del paese è stato catturato da un folto gruppo di rivoltosi già mesi fa. In pratica, subito dopo la caduta della Libia, schiere di miliziani tuareg si sono alleate a gruppetti di estremisti di varia matrice ed hanno catturato le città meridionali dell’Azawad, una delle tante “nazioni senza stato” esistenti al mondo. Anche Gao e Timbuctù sono in mano loro da almeno sei mesi.
La cosa infastidisce sicuramente i francesi: che hanno gestito la demolizione della Libia, e sono stati puniti con una rivolta dentro alla “loro” Africa. Proprio lì di fianco, in Niger, altre miniere in mano francese. I galletti devono intervenire, ma il cuore del problema non è far arretrare gli invasati barbuti: sono i tuareg a fare la differenza. Può darsi che alla fine sia più facile corromperli che non sterminarli: spero che i francesi se ne rendano conto, prima di produrre una ennesima Somalia.