Come visto di recente durante gli attacchi terroristici di Parigi, la questione del ritorno dei foreign fighters si è trasformata da potenziale minaccia in fatale realtà.
Nei 18 mesi successivi all’uscita del primo rapporto di T. S. G. sui foreign fighters in Siria, il numero di persone che sono andate a combattere nel Paese è più che raddoppiato, da circa 12.000 a un numero compreso tra 27.000 e 31.000.
Questo aumento prova che gli sforzi fatti per contenere il flusso degli stranieri reclutati dai gruppi estremisti in Siria e Iraq hanno avuto un effetto limitato. Il problema dei foreign fighters è sicuramente globale, il loro aumento non è uniforme ovunque nel mondo; alcune regioni e paesi hanno visto una crescita più significativa di altri.
Nonostante i prolungati sforzi internazionali per arginare il cosiddetto Stato Islamico, e per fermare il flusso di militanti verso la Siria, il numero di foreign fighters è più che raddoppiato. Per l’Isis, il reclutamento attraverso i social media è importante quanto quello attraverso il contatto diretto; gruppi di amici e vicini che si convincono a vicenda a partire separatamente o insieme per unirsi allo Stato Islamico.
La guerra civile siriana non finirà presto e probabilmente attirerà più reclute dall’estero, ma saranno diverse dalla prima ondata di speranzosi attratti dalla prospettiva di uno stato nuovissimo, che avrebbe procurato loro quel che non trovavano a casa.
Così come lo Stato Islamico cambia il suo obiettivo, dal controllo consolidato del territorio all’attaccare i suoi nemici stranieri nelle loro case, cambierà anche il profilo delle sue reclute straniere.
Nel frattempo, il gruppo continuerà a ispirare coloro che non vogliono partire, ma preferiscono combattere per il gruppo nei loro paesi di residenza.
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fsoufan
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