L’Italia si posiziona al 69º posto per la libertà economica nell’Indice 2023. Il suo punteggio è inferiore di 3,1 punti rispetto all’anno precedente.
Nonostante i ripetuti tentativi di riforma, i progressi verso una maggiore libertà economica, comprese le soluzioni a breve termine, sono stati disomogenei e relativamente inefficaci. La persistente corruzione ha gravemente compromesso la fiducia nella leadership governativa. L’aumento del peso del debito, aggravato dalle debolezze strutturali, sta minando la competitività a lungo termine. Il settore informale rappresenta una porzione significativa dell’attività economica.
Le principali sfide del paese includono la gestione dell’immigrazione, l’aumento del costo della vita e l’incremento dei costi energetici. Nel nord industriale altamente sviluppato, il settore privato domina l’economia, mentre nel Sud meno sviluppato e fortemente sovvenzionato, l’occupazione è più bassa.
Il turismo rappresenta il 13% del PIL.
In generale, lo stato di diritto è rispettato in Italia. Il punteggio del paese per i diritti di proprietà è superiore alla media mondiale, così come il punteggio per l’efficacia del sistema giudiziario e l’integrità del governo.
Le aliquote fiscali massime per le persone fisiche e per le società sono, rispettivamente, del 43% e del 24%. Il carico fiscale complessivo equivale al 42,9% del PIL.
Le medie triennali della spesa pubblica e del deficit di bilancio sono, rispettivamente, del 53,6% e del -6,1% del PIL. Il debito pubblico ammonta al 150,9% del PIL.
L’organizzazione della produzione rimane complessa. La burocrazia normativa provoca ritardi e aumenta i costi dell’attività imprenditoriale. Le rigidità del mercato del lavoro scoraggiano la crescita occupazionale dinamica, e una percentuale considerevole dell’occupazione si concentra nel settore informale. L’ultimo dato disponibile sull’inflazione mostra un tasso dell’1,9%.
L’aliquota tariffaria media ponderata per il commercio all’interno dell’Unione Europea è del 3,2%, e ci sono più di 600 misure non tariffarie imposte dall’UE. Gli investimenti esteri di solito non sono soggetti a controlli e l’economia è ampiamente aperta. Il settore finanziario è stabile, ma i prestiti in sofferenza rimangono una problematica da affrontare.
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